Ecco alcuni esempi di difficoltà per le quali potrei esserti di aiuto:
- hai la sensazione di aver ripetutamente scelto il partner sbagliato e sei combattuta tra il rinunciare e il tentare ancora?
- non riesci a capire il tuo partner, ti ci scontri continuamente e vorresti capire perché?
- hai difficoltà con un figlio che è capriccioso, non mangia come vorresti, è aggressivo, non accetta il nido, l’asilo o la scuola, non controlla ancora la pipì, ecc ….?
- tuo figlio ha difficoltà ad imparare a leggere, a scrivere o a fare i conti?
- tuo figlio ha difficoltà di attenzione e/o di memoria?
- sei in dubbio se preferire l’allattamento ad orario o quello a richiesta e ti chiedi se la scelta può avere delle conseguenze sul futuro di tuo figlio?
- ti chiedi se per tuo figlio è meglio nascere con parto normale o con il cesareo?
- hai difficoltà sul lavoro con il capo o gli altri dipendenti, provi rabbia o dispiacere e hai dubbi su come comportarti?
- il medico dice che la tua salute è buona, però ti chiedi perché hai sempre tanta stanchezza addosso o devi prendere farmaci per dormire?
- soffri di mali di testa o di altri disturbi di cui non si trova la ragione e vorresti capirne il perché, e magari liberartene?
- hai avuto un lutto o patito una grave perdita?
- devi gestire una malattia tua o di qualcuno che ti è caro?
Senti che ti farebbe bene confidarti con qualcuno fidato, che non ti giudichi e ti dia consigli pratici ma non banali?
Scrivi, anche in forma anonima, esponendo il tuo problema nello spazio a fondo pagina.
Ti risponderò con prontezza.
Solo al primo accesso, basta inserire il tuo nome, la tua e-mail, più il codice CAPTCHA.
Se vuoi rimanere anonima/o, basta un nickname, e in ogni caso l’e-mail non compare nel blog.
Grazie per la collaborazione.
Marcella del Pezzo
Buongiorno Dottoressa
mi trovo in una situazione strana, sono 18 anni che lavoro in un’azienda a conduzione familiare in cui sono l’unica figura laureata.
Inizialmente sono venuto a lavorare per lo stipendio che non era male, però dopo un pò di anni ho avvertito un malessere dato dalla non condivisione degli stessi ideali, dal modo con cui trattavano e sparlavano dei dipendenti. Ho cercato di cambiare lavoro ma non sono riuscito a trovare qualcosa che mi andasse bene, un pò per la paura di cambiare un pò perchè ormai ho una famiglia, dei figli e varie spese da affrontare e quindi mi sembrava un salto nel buio. Ma ora sono arrivato ad un limite tale che la mattina mi alzo contro voglia a lavoro non riesco più a concentrarmi a volte a pranzo mi passa la fame pensando al lavoro che mi aspetta e mi sento completamente fuori posto. Il problema che a 50 anni cambiare non è più semplice.
Lei ha dei consigli su cosa dovrei fare o come comportarmi?
La ringrazio fin da subito
Caro Dave, da quello che mi dice capisco che lei si trova tra l’incudine e il martello: da una parte sente di avere un buon lavoro che è rischioso lasciare, dall’altra prova il bisogno di cambiare perché ci sono dinamiche che glielo fanno sentire difficile da sopportare.
A questo punto due sono le cose: da una parte approfondire una ricerca sulle dinamiche personali e relazionali che la fanno soffrire individuandone i motivi, e quindi correggendoli e superandoli, oppure rimuovendo eventuali ostacoli inconsci che si oppongono ad un cambiamento, obiettivamente non facile alla sua età.
Non le nascondo che la prima via mi sembra la più praticabile, anche perché nella mia lunga esperienza terapeutica mi sono già capitati casi analoghi, che si sono risolti brillantemente nel primo modo.
Spero che queste mie parole possano esserle state di aiuto, e resto comunque a sua disposizione.
MdP
Scusi dottoressa ma che vuol dire rimuovere le cause della dipendenza?
Le cause non sono biologiche?
Cara Naomi, le cause della dipendenza sono biologiche, certamente. Ma le cause dell’accostarsi alle sostanze psicotrope sono essenzialmente psicologiche.
Quindi le terapie non agiscono sul meccanismo della dipendenza, ma sulla sua origine: origine che va individuata ed elaborata, per giungere alla sua rimozione.
Buonasera. Vorrei sapere se i suoi metodi sono efficaci per curare la dipendenza da cocaina.
I miei metodi sono importanti per rimuovere le cause che hanno portato allo stato di dipendenza.
Tuttavia come in tutte le terapie è fondamentale volere il cambiamento, credere nel processo terapeutico ed essere onesti con se stessi anche se a volte richiede della sofferenza momentanea.
È ovvio che, rimosse le suddette cause, non solo sarà superato il problema della dipendenza, ma emergerà una persona nuova, più capace di vivere tutti gli ambiti della propria vita ad un livello qualitativamente molto migliore.
Salve doc ho letto tante belle cose sul suo operato e vorrei iniziare una sorta di terapia con lei, purtroppo i miei problemi sono tanti e causati ancor prima della nascita, ho provato tanti psicologi ma non sono mai andata avanti per paura, ora ho 44 anni e ho deciso che ce la voglio mettere tutta per me e la mia famiglia, spero in un suo riscontro positivo. Intanto la ringrazio
Volentieri.
Mi contatti al numero telefonico che si trova nella home page del sito e potremo accordarci per il Suo percorso.
Grazie per l’interesse
Cara dottoressa, sento proprio di doverle comunicare la mia gioia e la mia sorpresa: mia figlia che è in cura da lei si è sbloccata con la scuola e va meglio sotto tutti gli aspetti.
La sorpresa sta nella rapidità con cui tutto è successo, con così poche sedute.
La ringrazio infinitamente e allora le chiedo: potrei avvalermi anche io del suo aiuto, oppure no visto che sta aiutando mia figlia?
Luana
Sì, ma non contemporaneamente a Sua figlia, e in ogni caso con il permesso di lei.
Comunque consideri che a Sua figlia manca veramente poco per finire il suo percorso.
Intanto La ringrazio per aver condiviso con me queste belle notizie e per la fiducia.
Dottoressa non so più che fare mio marito mi sta lasciando per un’altra donna e aspetto un figlio da lui. Non ne vuole sapere di salvare la nostra famiglia e io sono disperata. La mia ginecologa mi dice che tante donne si trovano in una situazione così ma a me questo non mi risolve il problema.
Che devo fare? Devo tornare con la coda tra le gambe dai miei che mi avevano avvertito di non confondermi con quest’uomo? Devo provare a farcela da sola? Io ho un lavoro precario e sto in affitto, davvero il mio futuro è nero.
Gentile Giulia, purtroppo non c’è niente di più simile all’essere fatti di droga pesante che essere innamorati. Si tratta in entrambi i casi di uno stato di alterazione mentale registrato in ricerche effettuate con i più moderni mezzi diagnostici. E come ben si sa, nessuno può far ragionare e rendere logico un drogato…..
Qui, ora, si tratta di rendere questa situazione un’occasione costruttiva.
Se ci pensa bene, Lei è molto aiutata dalla forza che dà l’aspettativa di un figlio e l’amore che si prova per lui. E l’amore – come si suol dire – può spostare le montagne…..
È nelle difficoltà e nelle emergenze che mettiamo in atto comportamenti che richiedono doti straordinarie che non avremmo mai pensato di possedere, e ci insegnano chi veramente siamo e quanto veramente valiamo…..
Non si preoccupi per la coda tra le gambe, l’orgoglio è una cosa sciocca: Lei ha l’occasione di manifestare ai Suoi genitori la stima per la loro saggezza e riconoscenza per il loro amore che aveva fatto loro intuire ciò che Lei, drogata d’amore, non poteva vedere.
E Lei, a sua volta, riceverà la dimostrazione del loro grande amore che li porterà ad aprirLe le braccia.
Cara dottoressa, ho visto che nella prima pagina del suo sito c’è un annuncio che riguarda il grave problema della violenza sulle donne.
Volevo dirle che è molto bello che lei abbia messo nel sito questo richiamo, e ne approfitto per chiederle una opinione professionale su questo fenomeno che negli ultimi tempi pare diventare sempre più frequente.
Possibile che sempre più uomini non trovino di meglio che scaricare la loro aggressività sul mondo femminile e, cosa ancor più brutta, sulle donne che dicono di amare?
Rosalinda
Carissima, il problema che lei mi pone deriva semplicemente da una difficoltà di gestione delle emozioni in persone con stima di sé molto bassa.
Questo quadro in realtà è presente sia nelle femmine che nei maschi, ma il comportamento che ne deriva è molto diverso: le femmine per lo più piangono, si disperano, pensano di essere finite senza quell’uomo e sono sorde a qualsiasi evidenza razionale della falsità di tali convinzioni; cadono in prostrazione, non sono più in grado di portare avanti la loro normale vita familiare e di lavoro, vanno da cartomanti, indovini, maghi e quant’altro. I maschi invece hanno la stessa disperazione e sensazione di impotenza, e però non hanno più il potere economico per ricattare la moglie né tantomeno l’aiuto del giudizio della società (strumenti utilizzati per secoli a fini di sottomissione), e quindi non resta loro che la prevalenza muscolare, cui danno sfogo negli impeti di rabbia, fino a dei limiti estremi di cui spesso si pentono suicidandosi subito dopo aver commesso l’irreparabile.
In queste situazioni lo stato emotivo è talmente alterato che a degli esami obiettivi (rilevabili mediante tac o risonanza magnetica) è del tutto simile a quello indotto dalle droghe: donde, l’irragionevolezza del comportamento e l’impossibilità di vedere lucidamente la situazione.
Purtroppo è un fenomeno sociale legato all’emancipazione della donna, e ci sarebbe bisogno di una preparazione psicologica capillare ed approfondita per aiutare sia i maschi che le femmine a sentirsi in grado di vivere autonomamente la propria vita, e di non considerare il/la partner una proprietà né un mezzo necessario per la propria sopravvivenza.
Buonasera dottoressa ho trovato il suo sito sul web, dopo due mesi travagliati con il mio fidanzato è una storia di 5 anni ho scoperto che mi ha tradita in questi due mesi perché la stessa ragazza con cui mi ha tradita mi ha fermata per strada e ci siamo confrontate e lì ci si è aperto un mondo da entrambe le parti…
Questo detto così per farle capire un attimo ma sono 5 anni che io sto con lui e che da alti e bassi mi rendo conto che mi ha rovinata psicologicamente e fisicamente ma non riesco comunque a dimenticarlo anche se l’ho cacciato di casa.
Avrei credo tanti mostri da combattere nel mio interiore mi sento brutta e non mi ci sono mai sentita, ho perso non totalmente ma parzialmente la stima in me, e il sorriso.
Mi piacerebbe intraprendere una terapia ma non conosco i costi e non potendomi permettere chissà quanto le chiedo se basta anche una volta al mese e quanto mi verrebbe a costare intraprendere un percorso con lei.
Grazie
Alessandra
Gentile Alessandra, in alcuni casi come nei disturbi a seguito di eventi traumatici o crisi di panico, anche un’unica seduta può essere utile.
Purtroppo l’esperienza mi dice che in casi come il suo c’è bisogno di un vero e proprio percorso di qualche mese con frequenza settimanale.
Come può intuire, le dico questa cosa in piena onestà. A lei chiederei solo 50 €, ma da quanto mi ha scritto temo che io non possa fare al suo caso e me ne dispiaccio molto.
Le auguro con tutto il cuore di risolvere questo suo problema, magari riuscendo a volersi abbastanza bene per rispettarsi e darsi ciò che merita e che veramente le fa bene.
In ogni caso, forse potrà aiutarla sapere che una chiusura equivale al dolore di un lutto e che, per tutti, per ragioni neurologiche, il dolore tende ad estinguersi – se non concorrono altri problemi – nel giro di un anno. Come nel lutto, aiuta molto distrarsi specialmente con il lavoro, ma se ci si rende conto che non si è perso proprio nulla e che forse è una fortuna, allora tutto cambia… Per esempio, ci si sente sollevati e fortunati.
È questo che le auguro con tutto il cuore
🤗🤞🏼🍀🌈
Cara dottoressa buon giorno.
Le scrivo perché da anni vivo con mia madre che è anziana ed è piuttosto disturbata, ha molte fobie e anche diverse criticità nel rapporto con gli altri, al punto che è difficile perfino ricevere ospiti in casa.
Vorrei farle fare una terapia per guarirla da questi problemi, cosa mi può dire?
Grazie
Silvana
Cara Silvana, la prima cosa che devo dirLe è che per iniziare una terapia bisogna volerlo, perciò è Sua madre che deve prendere una simile decisione.
E questo non solo per motivi, diciamo legali, di autodecisione, ma soprattutto perché una psicoterapia – qualunque psicoterapia – richiede il concorso del paziente, che deve desiderare la propria guarigione (o, come si dice in termine tecnico, “il cambiamento”).
Perciò, prioritariamente, occorre che sua madre sia persuasa della necessità di avviare un percorso terapeutico, e sia determinata ad impegnarsi su tale percorso.
Di conseguenza, l’unica cosa che Lei può fare in concreto è parlarle, e verificare se tale volontà c’è o non c’è.
Le auguro di riuscire a far comprendere a Sua madre quale sia il proprio bene, e la incoraggio a sostenerla con tutto il Suo affetto.
Perché non si può vivere al posto di un’altra persona, anche se la amiamo: ognuno di noi è padrone della vita propria.
Buonasera Dottoressa,
sono una ragazza di 24 anni e soffro di obesità. Sono sempre stata cicciottella, fin da bambina e mi è sempre piaciuto mangiare. Crescendo sono stata praticamente tutta la vita a dieta, perdendo peso, ma riprendendo inesorabilmente, pesando sempre di più fino ad arrivare a 115kg per 175cm di altezza. Sono davvero sconfortata, ho un rapporto strano con il cibo, quando sono triste, nervosa, ansiosa sento il bisogno di mangiare per alleviare questi sentimenti negativi, ma poi mi sento in colpa e mi deprimo ancora di più. Questo però mi porta a mangiare ancora, in un circolo infinito. Non so cosa fare, vorrei chiedere aiuto, ma non so a chi rivolgermi. Inoltre non avrei la possibilità economica per un percorso terapeutico.
Spero possa darmi qualche consiglio, la ringrazio anticipatamente.
CC
Carissima, capisco che si trova in una situazione veramente incresciosa, sia dal punto di vista fisico che emotivo.
Leggo che è stata tutta la vita a dieta, quindi deduco che avrà già consultato dei dietologi, nonché degli endocrinologi. Se così non fosse, e mi riferisco in particolare agli endocrinologi, Le raccomando caldamente di farlo.
Per nostra fortuna abbiamo un Servizio Sanitario Nazionale che copre un ampio spettro di esigenze: nel caso Suo ritengo che se ricorresse all’ASL di competenza (e ne avrebbe tutto il diritto) con il Suo disturbo potrebbe essere presa in carico sia da un endocrinologo che da uno psicoterapeuta.
Come avrà letto nel mio articolo su questo argomento, il lavoro combinato di entrambi potrebbe aiutarLa in modo definitivo.
Le auguro con tutto il cuore di trovare presto la via per la soluzione del Suo problema.
Cara dottoressa sto passando un periodo molto brutto, e non trovo neanche il modo di raccontare quello che sento, tanto mi dà pena.
Lei pensa che potrei usufruire del suo aiuto anche se vivo in un’altra regione, neppure vicina alla sua?
Ci può essere un modo per fare una terapia breve e efficace come quelle che ho letto qui anche se sto lontana?
Come ho risposto ad altre pazienti, sia al telefono che su questo blog, è senz’altro possibile.
In realtà non c’è un metodo generale per affrontare tutte le situazioni, e ogni storia va affrontata in modo specifico. Tuttavia, le tecniche che io impiego sono tutte utilizzabili anche a distanza (esclusa la REEM con l’impianto di risonanza ciclotronica, per ovvi motivi), sicché La posso rassicurare che se intende rivolgersi a me potrò senz’altro aiutarLa.
Mi contatti telefonicamente, e verificheremo se e come procedere.
Cara dottoressa Del Pezzo, ho letto che lei fa terapie a distanza per sostegno alle persone in difficoltà per l’emergenza del virus che ci sta affliggendo.
Potrei essere interessata, e mi piacerebbe capire come funziona.
È vero, nel suo portale ci sono tanti dettagli sulle sue tecniche, ma non riesco a immaginare come verrebbero usate in questo caso.
Può aiutarmi a capire?
Veronicamin
Non c’è una regola generale per affrontare tali situazioni, ogni storia è un caso a sé.
La tecnica però è la stessa, e in ogni caso si cerca di capire da dove origina il carico che rende insopportabile il disagio (ché il disagio in sé, in questo periodo di “clausura”, lo provano tutti, nessuno escluso…).
Questo passaggio è denominato “concettualizzazione del caso”, nasce nella tecnica E.M.D.R., ma si è rivelato poi decisivo anche nelle altre metodiche psicoterapeutiche.
Una volta trovato il motivo che – sommato al disagio di base – rende critica l’esperienza, si lavora su quello, impiegando le tecniche che permettono di trasformare i vissuti con l’approccio “bottom up”/”top down”, che consentono di modificare in positivo sensazioni fisiche, emozioni, idee e pensieri.
Il resto, è come descritto in questo portale alle pagine “Come lavora” e “Metodologia”.
Cara dottoressa Marcella, le scrivo perché in questo periodo di clausura forzata da Covid19 soffro moltissimo e non so come posso venirne fuori.
Ho ventisette anni, ho perso il lavoro, non posso uscire di casa, i miei familiari soffrono come me e non mi sanno sostenere, i contatti telefonici con le mie amiche e gli altri parenti sono senza senso, vuoti e non mi offrono nessuno spunto per l’ottimismo.
Capisco che sto vivendo come tanti altri, ma per me è una condizione angosciante che non mi fa vedere nulla di roseo nel futuro.
Vedo dal suo sito che lei offre sostegno alle persone che stanno nella mia situazione, cosa mi può dire per aiutarmi?
Giulia A.
Cara Giulia,
capisco il Suo malessere, purtroppo stiamo passando un periodo veramente delicato in cui diverse persone risentono della situazione più di altre, ed hanno bisogno di qualcuno che sappia comprendere il loro maggior disagio individuandone e rimuovendone le ragioni, così da poter guardare la realtà in modo più positivo.
Questo è un momento veramente particolare per l’umanità, e se ne può venir fuori al meglio solo stringendoci ed aiutandoci l’uno con l’altro.
È per questo che mi sono messa a disposizione per sostenere a titolo gratuito – ovviamente con sistemi di comunicazione a distanza – le persone che hanno questo tipo di bisogno.
Se lo crede, mi chiami pure liberamente.
Buongiorno dottoressa, sono in un periodo di blocco lavorativo ed esistenziale e di depressione. Ho letto di questa terapia Psych k, secondo lei mi potrebbe aiutare? Grazie
Indubbiamente il Suo blocco lavorativo è una conseguenza della depressione e del disagio esistenziale, e spesso è la punta dell’iceberg di problemi che hanno condizionato tutta la vita. Il loro trattamento si risolve in una grande liberazione che apre le porte ad una nuova vita.
In effetti, Psych-K® è uno dei metodi basati sulle neuroscienze che mostra maggiore capacità di risoluzione in tempi brevi.
Se lo desidera, mi contatti liberamente al 339.8233220, e potrò darLe ulteriori ragguagli.
Gentile dottoressa,
sono una studentessa universitaria e mi trovo in una spiacevole situazione di blocco totale, é da settembre che non do esami. Non ci riesco più. Ho pensato ad abbandonare, ma mi mancano tre esami alla laurea e sarebbe davvero un fallimento. Mi può dare un consiglio?
Grazie mille.
Cordiali saluti,
Veronica
Cara Veronica,
sono d’accordo con te, sarebbe davvero un peccato mollare giunta a questo punto.
Ho avuto diversi casi simili al tuo e posso dirti con sicurezza che ogni volta c’era all’origine un blocco emotivo: rimosso quest’ultimo, gli studi sono stati completati con facilità e velocità. Del resto, se leggi nel mio sito trovi alcuni esempi di tutto ciò (ad es.: il caso clinico di Sara).
La cosa si spiega bene dal punto di vista scientifico, in quanto il cervello emotivo (l’amigdala) e quello razionale (l’ippocampo) sono in contrapposizione tra loro: se attivi l’uno si blocca l’altro.
Per cui, se vuoi risolvere il tuo problema occorre necessariamente liberare il cervello emotivo, con una idonea terapia basata sulle neuroscienze (REEM, ipnosi vigile regressiva, EMDR o Psych-K).
Salve, ho avuto degli attacchi di panico. Sostenuta da un percorso psicologico sono scomparsi lasciando però posto a saltuari attacchi di ansia e pensieri negativi oltre che a grande stanchezza fisica. Ritiene che possa aiutarmi a trovare la leggerezza e positività (intesa come assenza di paure immotivate) che auspico? E quale percorso mi proporrebbe? grazie.
Cara Mimma,
la risposta è: «senz’altro sì».
Come potrai vedere nel sito web, la caratteristica del trattamento REEM Levaspine è proprio quella di eliminare la memoria emotiva dei traumi dando la spontaneità e leggerezza del vivere.
Per far questo utilizzo, una prima fase per la ricerca del trauma originario, di cui il più delle volte non si ha consapevolezza. Lo si rintraccia, eventualmente, mediante i traumi successivi ad esso collegati.
La seconda fase consiste nella sua liquidazione mediante l’ipnosi vigile regressiva.
Capisco il tuo disagio, perché anch’io so cosa vuol dire aver imparato a gestire i problemi pur continuando ad aver dentro le emozioni che li avevano generati.
Spero di esser stata esauriente nella mia risposta, e se vorrai sono a tua disposizione, anche per ulteriori chiarimenti.
Gentile dottoressa
Sono alle prese da anni con un problema di psicosomatizzazione che mi ha portato anche alla depressione. In pratica avverto delle tensioni o contratture a livello dell’addome alto, della parte destra della testa e al polpaccio destro e non riesco a sentire le emozioni. Sono da un anno in cura con farmaci e psicoterapia cognitivo comportamentale e ipnosi ma non ho beneficio, le tensioni sono molto forti tanto da rendermi doloroso il semplice respirare. Vorrei un suo consiglio sulla mia situazione. La ringrazio.
Gentile Antonella,
mi dispiace che Lei stia soffrendo dei dolorosi malesseri che mi descrive.
Presumo che Lei abbia fatto tutte le possibili ricerche sul piano organico. E mi stupisco che non stia traendo benefici non tanto dalla terapia comportamentale, quanto dall’ipnosi.
È riuscita a mettere a fuoco le emozioni vissute in concomitanza all’instaurarsi dei disturbi? Le sedute ipnotiche sono state mirate a individuare i traumi da cui le emozioni erano state generate, e la funzione a cui i disturbi in quel momento potevano assolvere?
Difatti, solitamente i veri disturbi psicosomatici, una volta individuata la loro origine e la loro funzione, spariscono.
Per mia esperienza i migliori trattamenti per i disturbi psicosomatici sono: 1) l’ipnosi mirata a rivivere l’episodio traumatico all’origine del disturbo; 2) la terapia REEM, basata sugli stessi principi, ma coadiuvata dalla ionorisonanza ciclotronica che consente il rilassamento profondo mediante l’erogazione di onde theta; 3) la terapia EMDR, basata sull’individuazione dello stress originario e l’armonizzazione, mediante movimenti oculari, della memoria emotiva con quella razionale.
Spero di esserLe stata utile, e Le auguro di trovare al più presto la via della guarigione.
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Bonjour.
Votre article sur l’obesité et le surpoids est excitant et stimulant.
Mais je devrais mieux comprendre comment nous pouvons sortir du cercle vicieux de la faim génerée par les contrariétés, du point de vue psychologique.
Merci.
SantaS
Comme on sait, le stress de la vie d’aujourd’hui est remarquable, e nôtre organisme, en cas de particulier pression psychologique, produit le cortisol. Cet hormone, sécrété par les cellules du fasciculatum surrénalien, inhibe les fonctions corporelles non indispensables à court terme, pour garantir le plus grand soutien possible aux organes vitaux.
À fin de poursuivre cet but le cortisol:
• stimule l’augmentation du débit cardiaque;
• élève la glycémie et stimule la sécrétion de glucagon, mais réduit l’activité des récepteurs insuliniques;
• cause la conversion des protéines en glucose;
• stimule la synthèse des acides grasses.
Donc en excès de cortisol dans l’organisme non seulement produit des états dépressifs mais aussi augmente le sentiment de faim et produit un besoin de manger, surtout aliments à base d’amidons et de sucre, qui peuvent surmonter la quantité de jour de glucides que nôtre organisme peut consommer.
Et les glucides, malheureusement, s’accumulent dans l’organisme en forme de gras!
Voila pourquoi une bonne psychothérapie, en réduisent la réaction aux émotions, réduit les occasion qui peuvent causer stress, peut arrêter cet cercle vicieux et empêcher la course à l’obésité et au surpoids.
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Joseph Wak
Dear Joseph,
I’m sorry I can’t help you; but congratulations on your good idea: prickling young minds is one of the best things you can do for them.
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Buongiorno,
è possibile riuscire ad arrivare all’accettazione di sé e della propria vita così com’è, abbattendo barriere autoprodotte ed ulteriormente indotte dalla società?
Non riesco ad accettare il fatto di amare una donna ed essere donna anche io.
Per quanto sia felice con lei, sono cresciuta con l’idea che esista un modo giusto per vivere, unico, un principe azzurro per me, una vita “normale” con casa marito e figli… ho sempre idealizzato così la mia felicità, ed ora vivo con una donna da anni, che mi fa sentire una regina…è il mio principe azzurro, ma nel corpo sbagliato… tengo nascosta al mondo la mia vita sentimentale e non riesco a vivere bene…so che è la persona giusta, ma non riesco a fare nulla per cambiare il mio modo di vedere le cose: la mia storia d’amore è sbagliata e la vivo come tale anziché con la felicità che sento
cosa posso fare?
Gentile Ila,
Potrei rispondere a questo scritto con argomenti d’incoraggiamento banali, di dominio pubblico, come: il trend sociale sull’omosessualità, l’esistenza comprovata del fenomeno anche nel resto del regno animale, ecc..
Però sento che non sarebbero argomenti all’altezza della persona che mi ha scritto queste righe.
Le Sue parole vanno nel profondo, al cuore del problema: parlano di accettazione di sé, dell’occhio sociale, di ideale dell’io… Tutte cose che si riferiscono alla costruzione del Sé, del carattere e della personalità.
Più le situazioni da affrontare non sono facili, più è necessario che in queste costruzioni non vi siano falle… Cosa ben difficile, perché tutti, ma proprio tutti, siamo stati vittime di microtraumi infantili. Questi, purtroppo, incidono pesantemente sulla costruzione del Sé, del carattere e della personalità che, come è noto, si formano massimamente nella primissima infanzia; ma di fatto iniziano il loro sviluppo già in utero e proseguono con ritmi diversi per tutta la vita… E per fortuna! Perché è proprio questo che rende possibili, andando nel nostro inconscio, i cambiamenti interiori in grado di farci vivere meglio, gioendo appieno di ciò che il momento ci sta donando.
Non posso dire altro che: è proprio lì che bisogna mettere le mani per venire fuori dalla situazione che con tanta vividezza e calore mi descrive!
So di non averLe certo risolto il problema; ma se avesse bisogno di chiarimenti, ampliamenti a quanto ho scritto o informazioni specifiche sono a Sua completa disposizione, sia in questa sede che in privato.
Sento che ci sono tutte le premesse perché possa godersi pienamente la Sua felicità e Le auguro di cuore che ciò avvenga al più presto.
Salve dottoressa,
sono la mamma di una bimba con epilessia in cura con antiepilettici che sembrano abbastanza efficaci.
Mi capita spesso che è svogliata e fa fatica al mattino ad alzarsi per andare a scuola oltre a trovare mille scuse tipo sono stanca, ho mal di testa, non mi sento bene, etc etc.
Come devo reagire davanti a queste situazioni, le devo prendere come un capriccio o considerando il quadro clinico dare un valore diverso? E in tal caso sono a rischio che si “approfitti” della sua malattia.
La prego volermi dare un consiglio professionale sull’approccio da tenere in questi casi.
Grazie molte,
Federica
Cara Federica,
Ha ragione. Nel caso di Sua figlia non è facile capire, quando accusa un problema, un bisogno o una volontà, se si tratta di un capriccio o di un vero problema legato al quadro clinico.
Fa molto bene a preoccuparsi che non si approfitti della sua malattia, perché in realtà la possibilità esiste e potrebbe recare danni alla formazione della sua personalità in costruzione.
In realtà la verità può conoscerla solo Sua figlia, per cui bisogna agire d’astuzia. Vista la giovane età proporrei di metterla sotto forma di gioco.
Per preparare la bambina al gioco Le dica che in effetti lei ha un nemico, che è l’effetto delle medicine: Le spieghi che si tratta dei vari comportamenti che mi ha descritto. Poi faccia dare un nome a questo nemico.
Dopodiché, solleciti il suo orgoglio chiedendole se uno, quando ha un nemico, deve per forza lasciarlo vincere o se invece deve tirar fuori le ”sacrosante“ per affrontarlo e vincerlo.
A questo punto potrebbe proporle un torneo: la bimba vince se durante la giornata è riuscita a fare tutto quello che c’era da fare. Potrebbe portarlo avanti nel modo seguente:
1) ogni partita dura per tre giorni: ogni giorno è un match;
2) al terzo giorno (terzo match) si vede chi ha vinto e chi ha perso;
3) se lei ha totalizzato tre su tre ha fatto «grand slam» e si festeggia la vittoria con qualcosa di buono, un premietto concordato; se vince con due su tre, premio più piccolo concordato; se perde, fare e dire quello che dicono i tifosi quando la squadra del cuore perde;
4) alla fine di ogni mese guardare i risultati delle quattro settimane e proclamare il campione del mese;
5) al termine dell’anno scolastico, guardando tutti I risultati, proclamare il Vincitore del Campionato.
Se Sua figlia vince: grande festa e grande premio concordato o a sorpresa. Se perde: festa e premio di consolazione. Comportarsi di nuovo come tifosi che trovano tutte le scuse per la propria squadra e si ripropongono di prendersi una grossa rivincita. Dare comunque grande risalto alle partite vinte ed inculcare l’idea che sia perdere per poco che giocare fino alla fine è una quasi vittoria perché è importante perdere con onore. In tal modo, la si incoraggia a giocare fino alla fine.
Se Lei ha altri figli, poiché nessuno è perfetto, scelga un nemico anche per loro e faccia la stessa cosa per tutti: ogni figlio avrà il suo campionato. Se invece non avesse altri figli potrebbe chiedere alla mamma di un altro bambino di partecipare e condividere con la Sua questo gioco.
Consiglio di fare un cartellone sul quale vengono messi i risultati.
Spero di esserLe stata d’aiuto e Le sarei grata se mi facesse sapere, comunque sia andata.
Approfitto per fare a Lei ed alla sua famiglia gli auguri per un buon Natale e soprattutto per un felice 2018.
Cara D.ssa Del Pezzo, Le scrivo perché sono ancora incredula e stupita per quello che mi è successo dopo la seduta REEM dell’altroieri: oggi ho affrontato uno dei miei “demoni” a testa alta come non facevo da tempo e senza alcun rimpianto. Non mi sono mai sentita così sicura e così bene con me stessa. Devo ringraziarla di cuore perché lei, con quella seduta, mi ha letteralmente ridato la vita, la MIA vita. Ancora grazie ed un abbraccio.
Carissima Fabiola, ti ringrazio per le tue bellissime parole.
Sono felice che tu abbia potuto usufruire dei rapidi risultati della psicoterapia REEM e ti auguro con tutto il cuore di goderti la TUA vita.
La nostra è stata un’esperienza brevissima ma emozionante per entrambi.
Un caro saluto e, se tu avessi bisogno di levarti un’altra “spina”, io e la REEM siamo a tua disposizione.
Con affetto
Marcella
Cara dottoressa Del Pezzo,
ho letto con attenzione il Suo sito e sono rimasta molto colpita dalla tecnica Reem, che – da come leggo – Lei pratica usando la macchina Sequex.
Vorrei capire meglio come funziona, e farmi un’idea di come un apparecchio elettronico può aiutare a guarire una mente in difficoltà.
Potrebbe spiegarmelo in parole semplici?
Giuseppina
Cara Giuseppina,
La ringrazio per l’interesse. In effetti la psicoterapia R.E.EM. è un vera innovazione, che si distingue non solo per la tecnologia e metodologia utilizzate, ma soprattutto per la profondità e velocità dei risultati.
La psicoterapia R.E.EM. si esegue sul lettino della SEQEX come segue:
– si utilizzano le onde Theta (4 – 7 Hz) prodotte dalla SEQEX per ottenere rapidamente uno stato di rilassamento profondo simile al sonno o all’ipnosi;
– in tale stato vengono rivissute le emozioni negative collegate a traumi e/o microtraumi che hanno dato origine a sofferenza psichica, affettivo-relazionale, nonché somatica;
– si rilevano le sensazioni fisiche collegate alle emozioni (tachicardia, difficoltà di respirazione, peso sul petto, formiche nello stomaco ecc.);
– mediante un manipolo si applicano le frequenze sul punto del corpo che ha reagito all’emozione; si provoca così la riattivazione dello scambio ionico tra il liquido intra ed extracellulare. E ciò comporta la perdita della memoria cellulare dell’emozione;
– durante tutta l’esperienza lo psicoterapeuta aiuta e sostiene il paziente a rivivere la dolorosa esperienza;
– ottenuto il riequilibrio energetico, si procede alla rielaborazione razionale dell’esperienza fatta sul lettino.
Le sensazioni riportate da tutti i pazienti sono: 1) la sorpresa di aver rivissuto le esperienze traumatiche “dal di dentro”; 2) lo stupore di ricordare benissimo l’episodio doloroso, senza sentire però alcuna emozione; 3) un gran senso di leggerezza.
Spero di aver soddisfatto la Sua richiesta, e resto a Sua disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.
Buonasera,
ho una bimba di quasi 7 anni che inizia ad avere le prime frustrazioni a scuola per insuccessi e difficolta’, specialmente nei calcoli matematici.
Ad esempio non riesce a capire come contare a mente un numero che si addiziona al 10 oppure i numeri pari e dispari;
Come posso fare per aiutarla ? continuamo a fare esercizi sembra abbia capito poi invece la volta dopo le stesse difficolta’ ed errori.
Grazie molto per il supporto.
Nicoletta
Cara Nicoletta,
ti ringrazio per esserti rivolta a me e penso proprio di poterti aiutare. Ritengo che se la bimba non riesce a fare i calcoli a mente oltre il 10, probabilmente è perché non ha mentalizzato le quantità già entro il 10. Ti propongo perciò di iniziare con questi esercizi:
– ad occhi chiusi, sentire quante dita vengono prese (iniziare con una mano, poi tutte e due);
– insegnare alla bambina i nomi delle dita.
A) Eseguire gli esercizi seguenti con la modalità del gioco della morra:
– dire velocemente quante dita sono state “buttate giù ” (prima una sola mano e farne dire il nome, poi tutte e due);
– “buttare giù” velocemente il numero di dita richieste (prima con una mano, poi con tutte e due).
B) Quando la bambina è velocissima sia nel riconoscere che nel buttare giù i numeri con due mani, trasformare il gioco in addizioni e sottrazioni nel modo seguente:
– far vedere un certo numero con le dita, e far dire che numero è; poi aggiungerne altre e chiedere: “e ora quante sono?”; “dimmi come ho fatto”; “scrivilo” (solo all’inizio);
– usare la stessa procedura per la sottrazione.
C) Quando la bambina è diventata molto abile con entrambe le mani a riconoscere le addizioni e le sottrazioni, con tutte e due le mani fare l’esercizio seguente:
– far mettere alla bambina le mani a pugno sotto le ascelle, chi guida il gioco dice di aver messo un certo numero di dita dietro la schiena e chiede quali dita ha usato, poi le mostra per la conferma (prima con una mano poi con tutte e due);
D) Quando quest’ultimo gioco riesce bene passare al successivo:
– fare gli esercizi nel punto B facendo tenere alla bambina le mani a pugno sotto le ascelle mentre l’altro forma il numero dietro la schiena.
Quando questo esercizio riesce benissimo siamo pronti per la prossima unità e cioè i calcoli mentali oltre il 10.
Per quanto riguarda il pari e il dispari ti consiglio di cominciare con numeri piccoli e situazione reali, cioè distribuzione fra due persone.
– far vedere ad esempio tre caramelle e chiedere: “ne posso dare uguale a tutte e due? Far eseguire la distribuzione. Collegare “avanza uno” con la parola dispari e “ne hanno uguali tutti e due” con la parola pari (arrivare fino a 9 oggetti).
Quando questo esercizio riesce molto bene passare al seguente:
– dire di avere un certo numero di cose entro alle nove e chiedere di prevedere se sono pari o dispari, poi far fare la verifica per vedere se bastano giuste giuste per due o se ne avanza una.
Cara Nicoletta, vedrai che se farai bene questi esercizi successivamente i calcoli oltre il 10 verranno molto più facilmente e rapidamente. Se dovessi avere dei problemi o dubbi per eseguire questi esercizi contattami pure.
Buon lavoro!
Grazie per avermi dato questi preziosi suggerimenti. Ho iniziato con gli esercizi che vedo stanno funzionando molto bene.
Continuerò in questa direzione perché già sto iniziando a vedere i risultati.
Grazie mille
Nicoletta
Cara dottoressa Marcella,
siamo a Dicembre e questi sono i risultati in Maths (frequentiamo scuola inglese) al termine del primo term:
Child working at expectation – il bambino è nella media richiesta:
Mental Maths ability – calcoli mentali
Confident with addition and substraction facts- è sicuro nelle addizioni e sottrazioni
Il nuovo goal sarà identificare le equazioni nei problemi.
Ora dobbiamo lavorare sul comportamento poiché chiacchiera troppo perdendo informazioni preziose.
Credo che gli esercizi da lei indicati abbiano fatto la differenza, grazie moltissimo.
Nicoletta
Cara Nicoletta,
grazie delle belle notizie che mi hai mandato. È vero che gli esercizi che ti avevo dato sono molto efficaci; ma è anche vero che per funzionare devono essere fatti bene e con costanza: cosa che tu evidentemente hai fatto. Complimenti!
Ora mi dici che il prossimo scoglio da superare è il riconoscimento delle “equazioni “ nei problemi. Trattandosi di un soggetto che è appena diventato sicuro nelle addizioni e sottrazioni mentali, mi sembra strano. Intendevi per caso “scelta delle operazioni”? Fammi sapere. Anche per questo problema credo di poterti dare un buon aiuto.
Colgo l’occasione per fare a te ed alla tua famiglia i miei migliori auguri per un buon Natale ed un felice anno nuovo.
Cara dottoressa Marcella,
mi è capitato ieri di vedere su Facebook, nella pagina di una mia amica, il video di una Sua intervista ad una televisione locale di Roma in cui Lei parla del Parent Training.
Devo dire che, dopo le prime battute, l’intervista mi ha subito appassionato, perché in essa Lei spiegava in modo molto chiaro come ci si dovrebbe preparare a diventare prima una coppia e poi genitori.
Avevo già sentito in passato parlare di questo Parent Training, ma lo avevo sempre associato a delle terapie molto tecniche, e mirate, della psicologia comportamentista, dove si interviene sul singolo problema dopo che si è evidenziato. Invece, ho sentito nell’intervista che Lei fa psicoterapie analitiche brevi, e teorizza una specie di “training preventivo”.
Potrebbe chiarirmi di cosa si tratta?
Grazie
Lucrezia
Cara Lucrezia,
sono contenta che la mia intervista l’abbia interessata. Ha compreso benissimo: questa concezione “allargata” del parent training è il risultato della mia esperienza come psicoterapeuta: difatti, quante volte – superato il problema specifico per cui si era intrapresa la terapia – mi sono sentita dire “se i miei genitori avessero fatto un corso di preparazione, io questo problema non l’avrei mai avuto”!…
Questa accezione del parent training presenta delle differenze sostanziali rispetto a quello “tradizionale”. Le più importanti sono:
1) l’aiuto dato ai genitori non riguarda solo il piano educativo ma anche quello psicologico per la formazione della personalità. Si può essere genitori migliori solo avendo una buona dose di consapevolezza di ciò che si fa: è importante conoscere sia le fasi dello sviluppo cognitivo che le implicazioni sullo sviluppo della personalità. Il cervello del bambino capisce ciò che lo circonda in modo molto diverso dall’adulto: ciò, a volte, produce perfino danni gravi sulla personalità e quindi sulla vita adulta. E questo perché il cervello umano, sin dall’inizio, mantiene ogni informazione elaborata, anche se errata;
2) si previene l’eredità psicologica aiutando i genitori a sbarazzarsi di alcuni tratti del “carattere” sgraditi. In realtà, si tratta di qualcosa che tutti conosciamo: quante volte abbiamo sentito dire “è ansioso come suo padre….”, “È tutto suo nonno….”, e così via. In altri casi i tratti sono “di prima generazione”, dovuti a traumi subiti dal figlio stesso. In entrambi i casi tutti i genitori, rendendosene conto, vorrebbero liberare i figli dalle emozioni negative trasmesse o conseguenti ai traumi personali.
Occorrono quindi una Prima Fase per prenderne coscienza, ed una Seconda Fase, consistente in alcune sedute di psicoterapia R.E.EM, per liberarcene completamente.
Cara Lucrezia, spero di averle chiarito cosa intendo per training preventivo, o meglio ciò che io amo chiamare “Parent Training Integrale”.
Sulla terapia R.E.EM. per approfondimenti, raccomando la lettura dell’articolo “Approccio con la ionorisonanza ciclotronica alle manifestazioni fisiche (somatizzazioni) di ansia e depressione” del dott. Ezio Gallas, alla pagina http://35.189.109.216/articolo/controllo-del-ph-corporeo/ .
Caro Domenico,
anzitutto penso di doverLe esprimere tutta la mia vicinanza, poiché capisco dal Suo tono quanto deve soffrire in questo momento.
In realtà, da quanto mi dice, deduco che anche Sua moglie non stia certo bene, e probabilmente sta soffrendo quanto Lei.
Il quadro che emerge è, con tutta probabilità, quello di una coppia i cui membri hanno una diversa percezione dell’esperienza matrimoniale, forse anche una diversa scala valoriale.
In sostanza, ciò che ciascuno di voi si aspettava dalla vita di coppia non è uguale, non coincide. Ciascuno di voi, in realtà, ha un’idea del matrimonio diversa dal partner, ma evidentemente si è palesato dopo la nascita dei figli. E ciò, perché prima lo stile di vita era totalmente governato da voi due, sicché era più facile operare mediazioni grazie al fatto (che Lei mi narra) che avevate “reciproca attrazione e stima”. Insomma, il cambiamento di vita instauratosi con la nascita dei bimbi vi ha messi dinanzi ad uno scenario in cui tali mediazioni sulle scale valoriali e sulle scelte operative è più difficile.
Certamente, la situazione può essere affrontata con una psicoterapia di coppia tradizionale, ossia in compresenza. Tuttavia, ho la sensazione che nel quadro siano presenti traumi lontani, la cui rimozione richiederebbe anche una seduta individuale, per ciascuno di voi, di terapia REEM, nella quale rintracciare l’origine dei traumi stessi e ripararne le ferite a livello della memoria cellulare.
Non escludo anche l’utilità di un sostegno con Fiori di Bach o Australiani, ma certamente sarebbe la REEM a giocare un ruolo decisivo.
La saluto con simpatia.
Gentile Dottoressa,
La interrogo perché sono molto infelice.
Sono sposato da anni con una moglie che amo tantissimo, e alla quale sono grato di avermi dato due bellissimi figli.
Il problema è che non riesco a vedere felice lei, per quanto io faccia di tutto per essere un buon padre e un buon marito.
Il suo lavoro la tiene tanto tempo fuori di casa durante il giorno, e quindi seguo io molte cose di casa, compreso il lavoro scolastico dei figli. Mi occupo anche di molte cose pratiche, e la aiuto anche per cose amministrative riguardanti la sua professione.
La vedo però sempre accigliata, insoddisfatta, stanca. E quando rientra in casa è sempre come se niente andasse bene e tutto quello che ho fatto fosse fatto male. Si lamenta di tutto, anche della cena che ho preparato per i ragazzi, e non mostra mai alcun apprezzamento per il sostegno che riceve dalla sua famiglia.
Arriva a dire di essere infelice e di non amare la vita che conduce.
Cosa sta succedendo?
Perché un rapporto bellissimo, nato con spontanea e reciproca attrazione e stima, deve andare a rotoli così?
La prego, mi aiuti a capire.
Grazie
Domenico
Caro Mario,
sono sicura che avrete già controllato la salute del bambino con le analisi cliniche di routine. Esistono però dei deficit o squilibri organici che non sono ancora oggetto dei controlli abituali, ma influenzano salute e vitalità. Parlo dell’analisi per le intolleranze alimentari e di quella dei minerali per vagliare il giusto equilibrio di questi nell’organismo. Quindi, sul piano organico, se non lo avete già fatto, suggerirei un citotest e un mineralogramma (eseguito sui capelli).
Appurato che non vi siano possibili cause organiche, è doveroso cercare sul piano psicologico.
L’ipotesi che l’esperienza del parto possa avere un’influenza sullo “scarso impegno” lamentato, è senz’altro possibile. Difatti molti studi e ricerche propendono per la presenza di una memoria cellulare.
L’esperienza psicoterapeutica mi ha convinta che l’organismo ricorda ogni esperienza, psichica e somatica, dal momento del concepimento, e non solo.
L’esperienza della nascita costituisce sia un modello strategico che il primo tassello della costruzione dell’identità personale, il “chi sono io?”.
Nel caso di Suo figlio, l’essere stato quattro ore “con la testa sulla soglia” ed essere riuscito ad uscire con l’aiuto di due gomitate, può aver lasciato tracce.
Di sicuro, la modalità con cui è nato è stata vincente, quindi riutilizzabile: l’ha fatto uscire dal “tunnel”.
Ha lottato per quattro ore senza riuscire ad uscire, però stava là pronto.
Ad un certo punto ha sentito una grande forza e “puff!” c’è riuscito.
È importante considerare che nelle prime fasi di vita non distinguiamo l’Io dal non-Io: per cui, le due gomitate non sono state vissute come qualcosa fatto da altri; il bimbo s’è sentito subitaneamente più forte tanto da poter dare lo spintone dell’uscita.
Riassumendo. Si può pensare che la traccia sull’identità sia: “io sono uno che non riesce finché non si sente molto forte” (molto bravo). Quella sulla modalità per affrontare le situazioni impegnative: “finché non mi sento che posso riuscire facilmente, non mi ci impegno”.
Quindi:
1) come comportarsi per non danneggiare lo sviluppo della sua personalità?
Aspettare con serenità e fiducia – senza ansia e senza mettere pressione – i suoi tempi. Valorizzare le cose nelle quali riesce e s’impegna;
2) come aiutarlo?
Cercare di accelerare la maturazione dei suoi tempi.
3) come fare?
Partecipare al suo processo di apprendimento osservando, commentando e imitando con lui quanto osservato insieme.
Nel caso dello studio ricordare che i bambini:
1) apprendono sotto forma di gioco,
2) apprendono dall’esperienza concreta, facendo; solo in seconda battuta passano all’apprendimento attraverso i simboli.
Nel caso specifico di Suo figlio, tenendo presenti questi due principi generali dovrà anche fargli vedere come si studia. Bisogna che qualcuno, giocando, studi e ragioni ad alta voce, con lui nel ruolo di spettatore. E quando si ha l’impressione che sia in grado di fare da solo, capovolgere i ruoli, rendendolo consapevole che sta facendo da solo. Penso ad esempio al classico gioco del Maestro e dello Scolaro. In esso il bambino ricoprirebbe il ruolo del Maestro. È anche un buon espediente il gioco a quiz, in cui lo studio a due rappresenta la preparazione per il gioco a quiz con un premio interessante. Bisogna sbizzarrire la fantasia!
Per ora sono queste le strategie che possono aiutare. Se da più grande dovesse presentare ancora problemi del genere, sarebbe opportuno considerare un intervento profondo e radicale, quale una psicoterapia regressiva per rivivere l’esperienza della nascita.
Spero di esserle stata utile. E mi faccia avere notizie.
Buon giorno Dottoressa,
il mio bimbo di quasi 10 anni ha tanti bei talenti, ma non manifesta impegno adeguato per la loro realizzazione (direi che gli piace il gelato, ma non si rende conto che per averlo bisogna pagarlo). Questo problema è diffuso, sia negli impegni per la scuola, sia per lo strumento musicale (la batteria gli piace, ma… esercitarsi no) sia per lo sport (su questo riesce a impegnarsi po’ di più, ma… eppure qualcosa non gli riesce bene…). Certo è importante il nostro sostegno di genitori…, ma sono convinto che qualcosa, non una semplice pigrizia, costituisce in lui una sincera difficoltà, per la quale non siamo riusciti ad aiutarlo. Faccio una ipotesi: durante il parto è rimasto bloccato per circa quattro ore con la testa sulla soglia per uscire, ma nè i suoi sforzi nè le contrazioni della madre lo hanno liberato … fino a quando le ostetriche si sono decise di spingerlo con due gomitate… finalmente! Vedo anche che a letto mentre dorme si rannicchia sempre verso la testiera del letto … come se stesse ancora spingendo!
Gentile Dottoressa Marcella, ho letto tutto di un fiato… sono d’accordo sui rimedi naturali. Li trovo in farmacia o in erboristeria?
Grazie ancora. E in bocca al lupo per il Blog, lo trovo molto interessante e lo dirò ad altre mie amiche.
A presto.
Cara Veronica,
di solito i prodotti in farmacia vanno ordinati, ma li fanno arrivare presto e senza problemi. In genere, invece, le erboristerie li hanno già. Dipende da cosa ti è più comodo. Grazie per l’in bocca al lupo per il sito e per il passa parola. Un caro saluto
Marcella del Pezzo
Gentile Dottoressa,
Mi rivolgo a lei perché mi sento sempre ansiosa e depressa. Mi potrebbe consigliare un antidepressivo efficace?
Anche mio figlio Saverio, 17 anni, è ansioso ed insicuro e non riesco a “fargli spiccare il volo”. Può darmi un consiglio per favore. La ringrazio anticipatamente e le sarò molto grata se vorrà prendermi in considerazione.
Veronica
Cara Veronica,
grazie per esserti rivolta a me. Spero proprio di poterti essere di aiuto.
Quanto al suggerimento di antidepressivi efficaci immagino che tu ti riferisca a rimedi naturali, in quanto, come sai, i farmaci antidepressivi, come tutti gli psicofarmaci, devono essere prescritti da un medico. Comunque, per me stessa, e per i miei familiari preferisco i rimedi naturali e ricorro ai farmaci allopatici solo quando sono proprio indispensabili. Tra i rimedi naturali trovo molto efficaci per l’ansia (e non solo):
– i Fiori di Bach (Rescue Remedy: 4 gocce due o tre volte al giorno per 20” sotto la lingua, ed al momento del bisogno);
– i Fiori Australiani (Emergency: 4 gocce due o tre volte al giorno per 20” sotto la lingua, ed al momento del bisogno);
– Ignatia alla quinta (farmaco omeopatico: 3 granuli da sciogliere sotto la lingua due o tre volte al giorno e nel momento del bisogno).
Per la timidezza, inoltre, è molto efficace il Fiore di Bach Mimulus, da assumersi anch’esso come gli altri due Fiori di Bach.
Per l’ansia e l’umore sono poi di grande aiuto:
– la musica;
– il ballo;
– il sorridere;
– il ridere.
Capisco che questi ultimi suggerimenti possano sembrare alquanto strani, ma hanno una spiegazione scientifica: l’essere umano è un’unità psicofisica, per cui è impossibile che il corpo faccia una cosa e la mente un’altra. Come dire che è impossibile che il corpo esprima gioia e la mente dolore: uno dei due deve adeguarsi all’altro e… chi la dura la vince!
Questi che ti ho suggerito sono dei provvedimenti di emergenza che aiutano molto ed in certi casi possono essere anche risolutivi: quando però l’ansia e la timidezza sono solo la punta dell’iceberg di un problema profondo e radicato, è possibile che, dopo un miglioramento iniziale, i sintomi indesiderati ricompaiano. In tal caso è consigliabile andare all’origine del problema, e a tal fine mi sento di consigliare particolarmente la psicoterapia REEM, per la sua efficacia e rapidità.
Spero di esserti stata d’aiuto, e comunque considerami a disposizione per ogni ulteriore bisogno.
Marcella del Pezzo