campi elettromagnetici e tiroide

Campi elettromagnetici di opportuna intensità e frequenza, applicati come ionorisonanza ciclotronica, agiscono sulle cellule ottimizzando alcune loro funzioni. Migliorano la permeabilità della parete cellulare. Favoriscono il passaggio di elementi essenziali quali elettroliti (calcio, magnesio, potassio) e aminoacidi. Agevolano l’espulsione di elementi di scarto derivanti dai processi metabolici (anidride carbonica, tossine ecc.). Ciò produce un rafforzamento delle funzioni antiossidanti, antiinfiammatorie, antiedemigene, rigenerative, antalgiche, circolatorie dell’organismo.

La modulazione della componente immunitaria è complemento fondamentale nella gestione clinica di alcune patologie tiroidee. In particolare le patologie autoimmuni: Tiroidite Cronica Linfocitaria o Tiroidite di Hashimoto, Tiroidite Postpartum, Morbo di Basedow spesso associato a complicanza oculare. Queste sono caratterizzate dalla presenza di anticorpi anti-tiroide: anti-tireoglobulina o AbTg, anticorpi anti-tireoperossidasi o AbTPO e anticorpi anti-recettore del TSH o TRAb, questi ultimi patognomonici del Morbo di Basedow. Vari studi ed esperienze cliniche evidenziano come l’applicazione di campi elettromagnetici contribuisca a diminuire gli anticorpi circolanti. In particolare, l’anticorpo anti-tireoperossidasi indice di attività della patologia e quindi importante fattore prognostico.

Il monitoraggio anticorpale durante il trattamento elettromagnetico mostra correlazione tra diminuzione degli anticorpi anti-tireoperossidasi e miglioramento sintomatico. Risulta soprattutto evidente la diminuzione dell’affaticamento. E ciò è diretto risultato della terapia elettromagnetica sull’assetto immunitario, sul microcircolo e sulla muscolatura scheletrica.

Quanto all’associazione tra campi elettromagnetici e Morbo di Basedow, si nota la riduzione dei fattori infiammatori (citochine e interleuchine). Ciò migliora la complicanza oftalmica (Oftalmopatia Basedowiana, che si manifesta con la sporgenza del bulbo oculare a volte associata a disturbi visivi).

Ulteriori studi potrebbero essere proposti in due direzioni: la prima nel paziente sintomatico ma non ancora sottoposto a terapia farmacologica, strettamente monitorato; la seconda nel paziente farmaco-trattato come terapia coadiuvante.

(articolo del dott. Massimo Gargani, medico chirurgo specialista in Endocrinologia – Ambulatorio Superspecialistico Endocrinologia Ginecologica Università di Pisa)

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